RITRATTO DI LUIGI TENCO

« Older   Newer »
  Share  
steine
view post Posted on 23/1/2006, 00:07




Un giornalista domandò a Luigi Tenco un'intervista. Gli disse: "Mi parli di lei, della sua vita. Vorrei scrivere la sua biografia". Tenco rispose: "Sono nato 26 anni or sono a Cassine in provincia di Alessandria; sono però genovese di adozione. Abito con mia madre una casa presa in affitto a Recco. Una casa che mi piace da morire, vorrei fosse proprio mia, ma ci vuole altro. Per cantare ho smesso di frequentare la facoltà di fisica teorica. E adesso mi dica: trova interessante tutto ciò?".

Quel giornalista non trovò di meglio che scrivere, qualche giorno più tardi: Tenco è un tipo impossibile, con un carattere acre, quasi rancido. Effetto forse di letture male assimilate". Tenco sorrise: "Un altro che non ha capito niente. Voleva forse che io gli dicessi che sono alto tanti centimetri, che ho i capelli lunghi e neri, gli occhi neri e crudi, che mi piacciono i go-kart e la motonautica. Ma perché avrei dovuto parlare di queste cose? Se fossi biondo, più alto o più basso e se mi piacesse ricamare cuscini, canterei forse meglio o peggio?".

Tenco, l'anticonformista della canzone italiana. Fra i giovani in Belgio c'è uno come lui, Jacques Brel. Scrive singolari e splendide canzoni; una parla di un paese piatto, brumoso, fustigato da un vento crudele; ma gli piace perché è il suo.E tante altre, che parlano di uomini veri, con i loro difetti e le loro virtù.

Una sembra addiritttura ispirata dal Deserto dei Tartari di Buzzati: il capo di una fortezza vigila sempre in armi in attesa dell'attacco del nemico, ma quando il nemico attacca, lui è vecchio, troppo vecchio per sconfiggerlo. Un apologo. Si poteva pensare a fare di una canzone un apologo? Jacques Brel lo ha fatto. Che Johnny Hallyday o i Beatles facciano miliardi con le loro tournée lo ha sempre lasciato indifferente. Brel, ai milioni, ha dato calci nel senso letterale della parola: era destinato a fare l'industriale come suo padre, ma lui piantò baracca e burattini, visse dieci anni a Parigi a capuccini e croissant, finché le sue aspre canzoni penetrarono lentamente nelle coscienze.

Luigi Tenco è come Brel. Non so nemmeno se si conoscano, se si siano mai incontrati. Dovrebbero comunque farlo, se ancora non ci hanno pensato. Sarebbe un interessante confronto fra due espressioni diverse della stessa faccia della medaglia. Perché anche i protagonisti delle canzoni di Tenco sono uomini e donne vere, con i loro problemi, i loro dubbi, i loro tormenti, i loro sentimenti.

L'ultima canzone comincia: "Ragazzo mio / un giorno ti diranno che tuo padre / aveva per la testa grandi idee / ma in fondo poi non ha concluso niente / Non devi credere, no, ... vogliono far di te / un uomo piccolo, una barca senza vela / Ma tu non credere no, non devi credere / che appena s'alza il mare / gli uomini senza idee per primi vanno a fondo...".

C'è un'altra canzone molto significativa: quella di un uomo innamorato, ma che si è innamorato perché non aveva niente altro da fare in quel momento. "In un paese come il nostro dove l'amore gronda convenzione in ogni sua descrizione ufficiale, l'affermazione è suonata come una bestemmia" dice ora Luigi Tenco; "ma se avessimo tutti un briciolo di coraggio, quanta verità scopriremmo in questa sincera dichiarazione. Tanto più che il mio innamorato viene alla fine invaso da un sentimento vero che lo spinge a cercare tutta la notte la donna che ama". E Tenco conclude: "Ma c'è chi capisce le mie parole e le intenzioni che le animano: mi hanno detto che Mi sono innamorato di te piace come Angela e come Quando...".

Quando è stata la canzone rivelatrice. Tenco l'aveva scritta per Giorgio Gaber e gli aveva mandato i nastri con la registrazione del motivo. Gaber gli aveva telefonato: "La canzone è spendida; devi cantarla tu". Da autore, Tenco diventava anche cantante. L'aveva convinto Gino Paoli a dedicarsi interamente a questa attività: che senso aveva diventare un fisico come tanti altri soltanto per dire di avere una laurea? "Anche mio padre" diceva Gino "voleva fare di me un ingegnere navale; io invece volevo fare il pittore e per arrivarci disegnavo manifesti pubblicitari per la Sigla Effe. Così ho chiesto scusa a mio padre e me ne sono andato a seguire le mie vere inclinazioni".

Ora Tenco dice: "Credo anch'io che un uomo debba essere interamente quello che vuole essere. L'importante è sapere cosa si voglia. E io penso di saperlo. È questa sicurezza che dà fastidio a tanta gente?".


È proprio questo che Tenco non capisce (sinceramente, c'è il sospetto che faccia finta di non capire). Insomma, si domanda, che cosa dovrei fare per non essere un "problema"? Cantare e suonare twist, hully gully e surf? Oppure sussurrare di amori intimistici, alla Toi et moi e tutto il resto del mondo tagliato fuori? Perché? L'amore è forse soltanto la tragedia di Mayerling? Ma no!... Sarà anche un mezzo sicuro per fare quattrini a valanghe, e nessuno disprezza il denaro, neanche il genovese Tenco; ma ci deve pur essere anche un modo "vero" per farli. Senza autodistruggersi. E non solo moralmente.

"Sapete che cosa è accaduto a Sheila?", dice il giovane autore e cantante. "Sheila è uno degli idoles della gioventù francese. Da due anni era sulla scena, applaudita, venerata, assalita dai fan ad ogni apparizione. Aveva solo sedici anni, povera ragazza. si lasciò trascinare da quel vortice prefabbricato di popolarità. Ora ha diciotto anni; è alta un metro e settanta; pesa quarantasei chili e dai primi di aprile vive ritirata in una fattoria lungo la strada che porta da Parigi ad Amiens, per rimettersi da un male che la divora. Era in tournée a Rouanne: una domenica di marzo, con due spettacoli, mattino e sera, svenne e stette dieci minuti senza conoscenza, non appena il sipario era calato sull'ultima canzone. Aveva "tenuto" fino alla fine dello spettacolo, come "teneva" dal 13 novembre 1963, da quando cioè aveva cominciato la sua tournée in Francia. Avrebbe voluto curarsi, ma non poteva. Come avrebbe fatto? Aveva contratti, un giorno dietro l'altro, per novantacinque giorni in novantacinque città, talune distanti tra loro fino a duecento chilometri. Si poteva mandare all'aria un programma dell'ordine di decine di milioni per gli organizzatori e di centinaia di milioni per i proprietari delle sale? Non si può; bisogna "tenere" per non arrestare la catena di produzione di milioni.

Ho voluto raccontare la storia di Sheila, così come me l'hanno raccontata" - dice Tenco - "perché penso che aiuti a capire la mia posizione. Secondo me, un cantante non deve essere soltanto una macchina da soldi. Per prima cosa deve esprimere quello che ha dentro. Uno scrittore lo farebbe con un romanzo; un poeta con una lirica; uno scultore modellando il marmo. Perché il cantante non dovrebbe farlo con una canzone? Si tratterà alla fine di vedere se è una buona o una cattiva canzone, ma solo questo. Che il cantante sia simpatico o antipatico, conta molto poco. Ma una cosa è certa: un cantante vero non può accettare le "mode", sapete cosa intendo: non basta comporre un tango perché è il momento del tango; se si fa, è perché si è convinti che sia il miglior tango. Sono una pecora tanto nera davvero se nutro queste convinzioni?".

E comunque, anche se è davvero considerata la "pecora nera" della canzone italiana, Tenco non si lascia distrarre dalla via che si è tracciata. Gli rimproverano di essere un tremendo egoista, ma lui scuote le spalle e racconta: "Quando Salce girava La Cuccagna e io dovevo cantare una canzone, avrei potuto imporne una delle mie. Ma il mio amico Fabrizio, un giovane cantautore genovese molto bravo, ne aveva scritta una splendida; e io cantai quella, dopo aver a lungo discusso con il regista e i produttori".

Gli dicono che canta canzoni d'amore ma che non conosce l'amore, quello grande. E lui scuote le spalle: "Sull'amore ho le mie idee. Un grande amore non l'ho ancora trovato e non venite a dirmi che uno non sa quando lo trova. Ma se in quell'amore uno finisce per rinchiudersi come in un'isola separata dal resto del mondo, con tutti i problemi che lo dilaniano, allora finisce per diventare come uno schizofrenico, che vive staccato dalla realtà in un mondo suo, artificiale. E io ho l'orrore dell'artificiosità".

Lo accusano di posare da antipersonaggio. E lui risponde: "Il personaggio, come l'antipersonaggio, sono qualcosa di costruito, uno stereotipo fatto in serie. E io invece voglio essere una figura vera, con le sue idee, sbagliate o giuste che possono apparire. E con quale metro giudicarle, con quello del conto in banca? Bene, lascio volentieri ad altri questo sistema metrico. A me non importa nulla di essere "integrato" nel sistema organizzativo. Sapete qual'è lo slogano più fortunato della campagna di reclutamento dell'esercito americano? Andrete in pensione a trentasette anni. Dicono che i giovani poveri degli Stati Uniti siano particolarmente sensibili a questo richiamo. Se fossi un generale, non vorrei avere un esercito di aspiranti pensionati. In ogni caso io non voglio andare in pensione fra undici anni. Canterò finché avrò qualcosa da dire, sapendo che c'è qualcuno che mi sta a sentire e applaude non soltanto perché gli piace la mia voce ma perché è d'accordo con il contenuto delle mie canzoni. E quando nessuno vorrà più stare ad ascoltarmi, bene, canterò soltanto in bagno facendomi la barba. Ma potrò continuare a guardarmi nello specchio senza avvertire disprezzo per quello che vedo".





DA "CRONACA",lunedì 6 febbraio 1967

IL "TESTAMENTO" DI TENCO

Non voglio, non so andare a morire

Poco prima del suo tragico gesto, nel corso di un drammatico dibattito sulla canzone di protesta, Luigi Tenco si vide attaccato dal suo stesso gruppo di "arrabbiati" e venne accusato di mistificazione. Il dibattito, registrato su un nastro magnetico in nostro possesso, si trasformò in un vero e proprio processo e Tenco fu costretto a difendersi. Le sue parole, ora, assumono il tono di un testamento spirituale. Il modo lineare, spontaneo, appassionato con il quale Tenco spiegava come poteva essere giunto a Sanremo e che cosa si aspettava dal mondo della canzone, possono meglio chiarirci i "misteri" della sua personalità. Le sue parole, inoltre, distruggono quanto affrettatamente, quasi per tacitare le coscienze, è stato detto e scritto su di lui.

Voce 1: Carlo, vieni qua, vogliono sapere se tu protesti.

Carlo: Io sì, protesto.

Voce 1: Contro chi?

Carlo (piazzandosi con aria provocatoria davanti a Luigi Tenco): Contro tutti, contro te soprattutto, che fai la finta protesta. Se si fa l'antimilitarismo si fa coi fatti, non a parole con le canzonette, porca miseria!

Tenco: Che vuol dire "coi fatti"?
Carlo: Significa non fare il militare, ecco tutto. Io sono andato al manicomio per non fare il militare, capisci... Io mi sono tagliato le vene. Ho detto: visto che le parole con della gente come voi non servono, io mi squarcio le vene e il militare non lo faccio e se questo è un parlar da pazzo mettetemi al manicomio. Io consiglio tutti i miei amici a far questo, a esporsi rischiando di persona e non portando il distintivo del Mec, là, e il Not War, e il fate-l'amore-non-fate-la-guerra e altre cretinate del genere. E peggio che mai con le canzonette, che poi fruttano soldi...

Tenco: Aspetta un momento allora, ascolta: se è per questo ti dico subito che soldi spero di farne. Un po' ne ho già fatti e spero di farne, ancora di più, capisci, perché uno coi soldi si sente più tranquillo, più libero... Su questo siamo d'accordo? Bene. E quando li farò non li devolverò all'azione cattolica ma me li tengo e me li mangio. In puttane, in quello che ti pare ma me li mangio io. Quanto all'altra questione ti dico però una cosa, e cioè che io faccio, anzitutto, il cantante, prima cosa. Se avessi saputo fare il violinista avrei fatto il violinista oppure, non so, il giornalista, lo sciatore. A questo punto quando viene a galla la personalità di un individuo sappiamo che ci sono individui accomodanti e individui non accomodanti. C'è chi fa il ragioniere di banca e non è accomodante, c'è chi fa il poeta ed è accomodante. Ma questo è un fatto secondario. Cioè, io canto non perché mi interessa protestare e poi quindi lo faccio cantando. Io canto, ripeto, perché mi piace la musica. Da bambino prima ancora di sapere che cos'era la protesta, io avevo una chitarra in casa con la quale suonavo.

Voce 2: E con ciò? Anche la canzone di protesta è una merce di consumo, una forma di sfruttamento uguale alle altre. Tu ci campi sopra, dunque anche tu sfrutti...

Tenco: Ma non è assolutamente vero... Io non sfrutto nessuno... Io faccio delle canzoni e anziché farle e cercare di guadagnare dei soldi scrivendo canzoni che parlano di fiorellini eccetera, io faccio delle canzoni parlando di determinate cose alle quali io credo.
Voce 3: E così facendo fai gli interessi di quelli contro i quali protesti, perché dai soldi a chi sta in alto, a chi comanda questo stato di cose... Perché con i dischi venduti, anche il signor Bob Dylan dà miliardi agli industriali americani che fanno la guerra... E uno che partecipa al sistema che, a parole e in musica, respinge, o è un mistificatore o servo sciocco.

Tenco: Allora sarà bene intendersi molto chiaramente su questa storia della partecipazione. Anzitutto prendiamo atto di un fatto, che questa è una società di tipo industriale, e perciò se voglio fare arrivare non dico una protesta, fare arrivare un certo mio discorso al pubblico bisogna che lo faccia industrialmente. Giusto? Anche prima ci sono state senza dubbio canzoni molto impegnate, senz'altro più intelligenti, ma che però non avevano approdato a niente... Oggi si parla di cartoline precetto strappate, ma strappate in grande numero! Si parla di marce della pace alle quali ci va un sacco di gente... E questa gente perché ci va?

Voce 2: Non penserai che questo sia soltanto un fatto di canzoni di protesta, eh?

Tenco: Ma io dico: Bob Dylan, Barry McGuire quando vende un milione di dischi di "Eve of distruction" fa qualcosa che non poteva fare se non avesse fatto parte di un tipo di società nella quale si deve, a un certo punto...

Voce 3: Guarda che qui c'è un vizio di base. Perché non è che sia Bob Dylan ad aver fatto questo. Bob Dylan è l'espressione di uno scontento generale che c'è tra i giovani negli Stati Uniti d'America...

Tenco: Ma io non discuto... ma io non voglio dire questo... se sia nato prima l'uovo o la gallina, questo è un discorso che non mi interessa. Io dico: Bob Dylan non può essere tacciato di mistificazione, perché non è un mistificatore...

Voce 3: E chi l'ha tacciato di mistificazione?

Tenco: A me prima è stato detto che sono un mistificatore, uno che addirittura fa la finta protesta per guadagnarci i soldi... Ma non è vero, perché per guadagnarci i soldi tu sai benissimo che la protesta non è il mezzo più idoneo... dico la protesta vera, sincera, non quella come qualcuno viene fuori a fare oggi zuccherata, ipocrita, pensando che sia di moda, e che rischia di sciupare lo slancio anche di chi, come me, ha sempre cantato in questo modo...

Voce 3: D'accordo, resta comunque un fatto che non puoi negare, e cioè che un Bob Dylan, nella parabola della sua carriera, è diventato ad un certo punto un tipico prodotto della società dei consumi americana!

Tenco: Ma è chiaro! Se non lo fosse diventato, non avrebbe detto niente. Non avrebbe potuto dire niente. Invece, che cosa ha fatto? Ha capito che oggi gli strumenti per comunicare con la gente sono quelli, e che anche a costo di passare da qualche forca caudina a quegli strumenti bisogna arrivare, perché sono strumenti formidabili... il menestrello che oggi va a cantare sotto le finestre, non dice niente, non serve a niente...
Voce 4: Siete stati voi allora che avete mandato la polizia a impedire la libera manifestazione di quello che vuole fare la sua canzone per la strada di fronte agli altri. Forse lo avete impedito voi per far vendere più dischi!

Tenco: Senti, anzitutto non so come tu faccia a sostenere che siamo stati noi a impedire che questo o quello vada a cantare per la strada. Tu pensi proprio che io mi preoccupi di andare a dire...

Voce 4: Mi è venuto il dubbio in questo momento...

Tenco: Ah, va beh... ma ti è venuto seriamente? O è un discorso retorico? Perché se è un discorso retorico, d'accordo... Insomma, che io vada là a dire mettete dentro questo tale...

Voce 4: No, non intendevo tu personalmente...

Tenco: Allora è un discorso retorico e quand'è così, aspetta un momento, ti dico: a questo punto tu sai bene che io non l'ho fatto come non l'ha fatto lui, come non le han fatte nessuno cose di questo genere. Questo individuo con la chitarra anzi ha fatto molto bene ad andare per la strada, a cantare eccetera. Però io dico questo: non inserito in questo tipo di civiltà, nel suo meccanismo, questo individuo quello che vuole dire lo dice a ben poche persone, perché lo dice alle persone di questa strada. Giusto? Perché bisogna insomma ricordarsi che a un certo punto c'erano anche persone che quando Dante, mettiamo, e senza con questo fare paragoni, ha scritto la Divina Commedia, c'erano persone che si sono opposte perché Dante scriveva in italiano invece che in latino. Ci sono altri invece che invece volevano, quando i latini scrivevano in latino, che si scrivesse in greco. E quando si scriveva in greco che non si scrivesse per niente. Bisogna vedere se si fa parte del mondo di domani o del mondo di ieri. Il cantante che gira per le strade con il chitarrino, fa parte del mondo di ieri!

Voce 2: Macché ieri e domani. È il mondo di oggi invece, quello che importa.

Tenco (infervorandosi): Il mondo di domani è quello che importa! Perché il mondo di oggi evidentemente non va bene, e si cerca di correggerlo. Altrimenti avremmo tutti ottant'anni e ci preoccuperemmo solo del mondo di oggi. Mentre tutto ciò che facciamo, lo facciamo - spero e mi auguro - pensando al mondo di domani!

Voce 3: E tu davvero pensi, in buona fede, di poter raddrizzare il mondo con le canzoni di protesta? Davvero credi che si possa, ad esempio, evitare le guerra a suon di canzonette?

Tenco: Tutto ciò può servire. Se dentro le canzoni ci metto delle idee, queste idee si trasmettono con le canzoni. Solo che per diffondere adeguatamente le canzoni è, ripeto, necessario che io trovi la maniera di farlo con gli stessi strumenti della società a cui mi rivolgo. Altrimenti è inutile, ne fai a meno, non protesti. Quanto alla protesta contro la guerra, io dico sinceramente, magari farò anche delle canzoni per protestare contro la guerra... ma è come dire che di mamma ce n'è una sola, che siamo tutti fratelli... ma che vuol dire? I giovani in America protestano perché l'America è un paese in guerra, perché i suoi ragazzi stanno in questo momento partendo, molti vanno a morire... Ma da noi, qui, la guerra, la protesta contro la guerra, non prende nessuno. Noi abbiamo mille altre cose contro cui protestare. Possiamo protestare contro il clericalismo, l'affarismo, la corruzione, la mancanza di una legge sul divorzio, gli scandali a ripetizione, il qualunquismo, la burocrazia bestiale... e questa protesta non viene mai fatta. Preferiamo scimmiottare le proteste americane, cosa oltretutto facilissima qui in Italia, dato che non c'è nessuno che si senta pizzicato quando tu gli dici che è sbagliato morire, viva la pace, eccetera. Parlagli del divorzio, della mafia e di altre faccende che scottano, e allora vedrai che la gente si arrabbia e ti dà addosso...

Voce 2: ...E tu è di questa roba che parli apertamente nelle tue canzoni? Ma fammi il piacere... Tu non protesti. Tutt'al più mugugni...

Tenco: Può darsi. Comunque, esprimere certi stati d'animo, di disagio, di insofferenza, di insoddisfazione è già anche questa una forma di protesta. E poi, scusa, ma se tu salti fuori a dire delle cose che vengono poi automaticamente rifiutate, puoi anche fare a meno di tentare. Se vai alla radio e pretendi di metterti a cantare delle cose, faccio un esempio, contro i preti, ti prendono e ti sbattono fuori. E che guadagno c'è? Io appunto una volta avevo fatto una canzoncina che diceva: "Mio buon curato..." eccetera. Non era niente di terribile. Solo qua e là un filino di ironia. Risultato: due anni senza metter piede alla TV.

Voce 2: Ora però ci sei, bello e condizionato, perfettamente integrato, inoffensivo. Sceso evidentemente a patti. Proteste che non fanno il solletico. Tutto questo ti sembra serio? Tutto questo ti sembra coerente?

Tenco: E piantala! Io compromessi non ne ho fatti mai, con nessuno, perché non ne so fare, non riesco a venire a patti con la coscienza, cioè con certe mie convinzioni. Io sono come sono. Eppoi la mia non è una protesta che nasce intellettualmente, con il fatto di dire adesso io protesto contro Tizio o contro Caio. È una protesta che nasce al di fuori della propria volontà. Nasce dal fatto che uno si sente estraneo a un dato meccanismo... Cioè io insomma le canzoni come le fa Morandi, non le so fare. Succede che a un certo punto mi salta la gomma e dico... ecco, io il militare non lo so fare. Non voglio, non so andare a morire... E questo è uno sfogo spontaneo, una protesta sincera. Non è stata studiata al tavolino. Così le parole di quasi tutte le mie canzoni esprimono questo senso, come dire, di malessere. Si può protestare in mille modi, in mille forme. Questa è la maniera mia, e viene dal mio carattere.

Voce 5: Per me è una forma sterile, come quella degli obiettori di coscienza. Tu che parli da sapientone, spiegami cosa fanno questi famosi obiettori. Qual'è per esempio, secondo te, la tendenza politica degli obiettori?

Tenco: Beh, io penso che gli obiettori sono senz'altro dei coraggiosi. Gente che va in galera un anno, due, tre, e che a pena scontata gli viene rifatta la stessa domanda e se loro continuano a rifiutare ritornano in galera per altrettanti anni, io ti dico sinceramente, per me sono dei coraggiosi. Perché avere la forza d'animo di andarsene in galera quando tutti noi abbiamo un giro, una vita... e abbandonarle, e andare in galera, per questo dico che ci vuole una bella dose di coraggio. Quanto alla posizione politica, non mi frega niente. Però io dico, a posteriori, il fatto che una certa parte politica li difende, e un'altra parte invece li attacchi, significa che un obiettore di coscienza sa di avere, un domani, l'appoggio di una certa parte politica e questo fa gioco, è importante... e dunque secondo me non è un sacrificio inutile, sterile.

Voce 4: Una protesta più seria, allora, e più efficace delle canzonette...

Tenco: La canzone si muove in un'altra sfera, può toccare un'infinità di argomenti e agire molto più per esteso nell'opinione pubblica. Per combattere certe idee, anzi, la canzone può avere una efficacia anche maggiore. È statisticamente provato che queste idee, come il nazionalismo eccetera, resistono particolarmente in ambienti non colti. Quindi combattendo l'ignoranza si fa già qualcosa di molto utile. Solo bisogna trovare la strada, la maniera adatta per arrivarci. Quale? L'istruzione obbligatoria, mettiamo, la scuola statale... ma anche, perché no, anche la canzone; e questo proprio perché è una cosa della quale tutti oggi in Italia si occupano. Anche la canzone può servire a far pensare.

Voce 2: Illuso... Attraverso questa strada tu ti rendi unicamente complice della società industriale. Altro che combattere l'ignoranza! Altro che far pensare...

Tenco: Sentite. Io quando ho cominciato a cantare, ero una persona completamente disinserita. Assolutamente al di fuori di tutto quello che poteva essere partecipazione e compagnia bella: perché eravamo in un momento di quadripartito, di Scelba, di Tambroni... Io ero a Genova e quando sono successi i casini di Tambroni, posso dire di averne fatto parte, quindi stai tranquillo che non ero, non sono quello che si lascia irregimentare. Io ho un graduale inserimento, e procede parallelamente a quello che è lo spostamento, a sinistra, della società italiana. Per adesso lo spostamento è minimo, e infatti il mio inserimento è minimo. Tant'è vero che ancora adesso non faccio parte di nessun grosso cast di cantanti, e niente questo e niente quest'altro eccetera. Però il mio ideale non è quello di continuare a vedere un mondo di gente con i capelli lunghi, con i maglioni e così via. La mia speranza è quella di arrivare al giorno in cui persone serie, con la cravatta o con il casco spaziale o con il cilindro, come preferisci, possano esprimere liberamente le cose che oggi, viceversa, per dire queste cose...

Voce 4: ...devi fare un certo lavoro di vaselina.

Tenco: No; devi fare un certo lavoro di rottura di palle. Io infatti sono considerato un rompipalle perché dico certe cose, perché nel mezzo di una trasmissione, dove tutti parlano di musica, io esco fuori con un discorso sulla polizia che arresta i capelloni o su altra roba del genere...

Voce 4: Tenco, scusa: ti rendi conto che agendo in questo modo ti fai incastrare?

Tenco: E perché?

Voce 4: Dico che ti fai incastrare. Alle lunghe, magari senza accorgertene, il meccanismo che tu credi di aver conquistato, ti condizionerà. E finirai anche tu come gli altri. Vedi Modugno, che cominciò con le canzoni sui minatori e i pescatori siciliani...

Tenco: Padroni di pensarla come volete. Io ho preso una strada che a me sembra buona e non la mollo. Anzi, mi sembra tanto buona che vorrei avere un pubblico sempre più grande, immenso, tutto quello che con i mezzi industriali di oggi è possibile raggiungere. E il giorno in cui riuscissi a farcela, e ad avere questo pubblico dalla mia, state pure certi che non lo inviterò a volare nel blu dipinto di blu...




[/COLOR]



PILLOLE:ovvero frasi,citazioni prese qua e là per capire ancora meglio il pensiero di questo grande cantautore...


La musica popolare


"Le mie canzoni vanno viste non tanto nel quadro della musica leggera o da ballo, quanto in quella della musica popolare. Il sentirne una di seguito all'altra, riunite in un long playing, spero contribuirà a chiarire maggiormente questo punto, cui evidentemente tengo molto. Infatti, io penso che al di là di un eccessivo conformismo nei testi poetici, al di là di fatture musicali più o meno di moda, la musica popolare resti pur sempre il mezzo più valido per esprimere reazioni e sentimenti in modo schietto, sincero e immediato".
(dalla copertina del suo primo LP)

--------------------------------------------------------------------------------

"La grande musica del passato, in altri paesi, è sempre stata fondata sulla musica folklorica. Questa è la più ricca fonte della fecondità musicale".

--------------------------------------------------------------------------------

"Questi (si riferiva ai giovanissimi) ignorano le canzoni italiane più belle, quelle popolari, i canti alpini. Io farò capire loro quanto siano belle. Ma per realizzare un programma simile mi occorre acquistare popolarità presso il grande pubblico e prestigio presso i discografici".


Le canzoni di protesta


"Non si tratta di protesta, ma di speculazione. Protesta chi si espone, chi rischia, non chi dice cose ovvie che vanno bene per tutti, leváti i matti, s'intende.
Ne avrebbero di temi per una protesta seria, ma quelli non li toccano. Alludono al Vietnam che é tanto lontano e non sono capaci di prendere uno degli argomenti che hanno sotto il naso: il problema della scuola, il problema del divorzio".

--------------------------------------------------------------------------------

"Finalmente si avvicina il mio momento. L'ondata dei beat e delle canzoni di protesta sta piano piano portando i giovani sulle mie posizioni. Ancora qualche anno, forse solo qualche mese, e mi capiranno. Ora che i tempi sono maturi voglio tentare di sfondare col grande pubblico. Adesso potrei anche venire a patti con l'industria discografica, adesso che sono loro che vengono a cercare me".

"Viene da chiedersi perché non... perché non si scrivono tutte canzoni così, romantiche, senza andare a toccare tasti che forse in una canzone non è il caso di toccare... me l'hanno fatta questa domanda, ma il fatto è questo, che... che sui giornali, alla televisione, alla radio si leggono oppure si vengono a sapere cose, fatti, che suscitano in un individuo determinate reazioni... come io sono un individuo come tutti gli altri per cui anche in me suscitano queste reazioni... e siccome sono un compositore, queste reazioni... cosa finiscono per fare? Finiscono per... poi essere estrinsecate in una canzone".


--------------------------------------------------------------------------------

"No, no... no, non ci siamo sa... perché se lei va avanti con questi discorsi, allora si finisce di nuovo con la scenografia, con l'antiquariato... le parole, le parole, soltanto le parole bastano per fare una canzone che sia veramente vera, giusta moderna, non c'è bisogno di altro, bastano le parole..."


--------------------------------------------------------------------------------

"Uno può avere i capelli lunghi, corti, a metà, verdi, gialli, rossi, questo cosa vuol dire, insomma? Almeno così la penso io e penso che sia un modo giusto di pensarla. Per me... anzi, questa cosa, ho fatto una canzone su questa cosa, nella quale appunto sostengo che ognuno è libero di comportarsi come gli pare"


Come intendeva il suo impegno artistico


In un articolo pubblicato dopo la tragedia di Sanremo, il giornalista Giorgio Berti ricordava cosa Tenco gli disse in un loro incontro (da "Sogno" del 02-02-1967):

Non voleva che parlassi di lui, ma solo di quello che lui voleva tentare di fare. Io cercavo di spiegargli che non bastava fare qualche cosa anche se qualcosa di molto buono: occorreva farsi conoscere, riuscire gradito ai giornalisti e, di riflesso, al pubblico. Lui scrollava la testa scontento.
"Bisogna creare qualcosa" mi diceva, "rompere il cerchio che ci soffoca, altrimenti è meglio piantare tutto. Non si vive per riuscire simpatici agli altri. A me i soldi, il successo, non interessano, li lascio a quelli più furbi di me in questo genere di cose".
Era fatto così e non è mai cambiato.





 
Top
0 replies since 22/1/2006, 23:53   204 views
  Share